OT, reportage

Il mio hobby “cactofilo”… come tutto ebbe inizio…

La mia passione per le piante grasse

Com’è nata la mia passione per le piante succulente e come ho iniziato a coltivarle e collezionarle?
Bè… direi abbastanza casualmente ed in maniera graduale…

Diversamente a quanto in genere si crede, le piante grasse hanno bisogno di cura e di concime, in particolare di fosforo e di potassio, poco azoto; il periodo migliore per la concimazione è quello invernale, fino a marzo, così da preparare la pianta alla crescita propria del periodo primaverile. Preferibilmente è meglio utilizzare concimi liquidi in quanto le piante grasse non sopportano la persistenza di sali nel terreno.
Notocactus megapotamicus

Ero ritornato da Milano, dopo la mia esperienza lavorativa, e mia madre aveva delle piante grasse che erano perlopiù “buttate” sul terrazzo di casa e coltivate senza particolari attenzioni.
Navigando poi su Internet nel tempo libero, ho incontrato diversi forum di piante grasse ed in particolare, iniziai a frequentare il forum dell’associazione Cactus&Co.

Non l’avessi mai fatto!!! 🙂

Da quel periodo, vedendo le foto dei collezionisti e degli altri appassionati di piante succulente sparsi in tutta Italia, ho iniziato a documentarmi ed appassionarmi a questo genere di piante.

Ho iniziato quindi a fare i primi rinvasi delle piante grasse già presenti in casa, seguendo scrupolosamente le indicazioni trovate sui vari forum.

Una cosa che le piante grasse mal sopportano proprio è il ristagno dell'acqua; una scelta errata del terreno può essere  causa della morte della pianta, anche in breve tempo. Tutte le piante grasse prediligono un terreno acido e poroso, così da lasciar passare aria e acqua. Un ottimo terreno su cui impiantare piante grasse si può ottenere mescolando terra di campo o di giardino, sabbia, per avere effetto drenante e terriccio di foglie per ottenere un buon apporto organico. Solitamente si usa inserire un po' di sassolini sul fondo del vaso appunto per favorire il deflusso dell'acqua in modo che non ristagni in prossimità delle radici.
Matucana polzii acquistata online

Il primo rinvaso che feci è stato quello di un astrophytum ornatum, che potete vedere in questo articolo. e successivamente un echinocactus grusonii, detto anche “cuscino della suocera”.

Ne seguirono altri di rinvasi ed arrivò anche il primo ordine online… allora infatti non conoscevo la mia zona, non conoscevo vivai specializzati e non sapevo soprattutto che il Salento c’erano molti appassionati di cactus… alcuni anche molto noti sia a livello nazionale che internazionale.

 

Nell’estate del 2006, avevo il mio angoletto di terrazzo con alcune specie molto comuni di piante grasse:

Il problema principale di chi acquista una pianta grassa che vorrebbe veder crescere nel proprio appartamento è rappresentato dal fatto di riuscire a non farla morire entro breve tempo, come succede in molti casi; in linea generale, per aver cura delle nostre piante ed evitare questo spiacevole epilogo è sufficiente seguire alcune semplici regole. Vediamo quali. Pur dividendosi in moltissime specie con caratteristiche diverse le piante grasse hanno in comune l'adattamento ad ambienti con clima arido; per poter sopravvivere in tali ambienti queste piante hanno sviluppato "tecniche" specifiche che permettono loro di sfruttare al meglio le caratteristiche di ogni stagione. Infatti nelle stagioni particolarmente umide e piovose, le piante grasse hanno la capacità di accumulare grandi quantità d'acqua nei loro tessuti  che andranno poi ad utilizzare nei periodi caldi e con particolare siccità.
Il primo piccolo “angolo roccioso”
Allo stato selvatico queste piante sono abituate a lunghi periodo di siccità per poi dover affrontare violente alluvioni. Nella coltivazione domestica, in estate, quando fa molto caldo, le piante all'aperto si possono annaffiare una volta ogni quattro giorni, non prima, comunque, che la terra sia asciugata tra un annaffiatura e l'altra. Nel periodo invernale invece, limitare l'apporto di acqua ad una volta al mese e se le piante sono all'aperto, sospendere completamente l'annaffiatura. Ricordiamo che al fine di mantenere le piante grasse in ottima salute è indispensabile che abbiano una buona esposizione alla luce.
Una delle prime piante: Euphorbia Trigona

…ed in alcuni casi, vedendo le foto in habitat delle piante succulente, mi divertivo a creare un ambiente pseudo-naturale in alcuni vasi:

Le piante grasse vivono benissimo all'aria aperta, me nel periodo invernale, se vogliamo aver cura delle nostre piante,  dobbiamo fare attenzione a non lasciarle esposte ad una temperatura inferiore ai 5°; nei luoghi con inverni rigidi è bene tenerle all'esterno nel periodo che va da aprile e settembre, mentre fino a marzo si possono ritirare in casa e tenerle in un ambiente non caldo, l'ideale sarebbe sui 10°, con molta luce  e ricircolo d'aria. Per il periodo estivo non vi sono particolari problemi, esse sopportano temperature oltre i 30° per poi "riposarsi" durante la notte.
Mammillaria gracilis

Dopo tanti anni, continuo a coltivare e seminare le piante grasse… con alti e bassi, periodi in cui non ho tempo a periodi in cui ci sono altre priorità… nella speranza che un giorno, possa anch’io avere un piccolo pezzetto di giardino dove poter realizzare un bell’angolo roccioso! 🙂

Rinvasatura: A causa della loro lenta crescita le piante grasse possono tranquillamente essere rinvasate una volta ogni due anni; questo procedimento va fatto a febbraio - marzo, prima del risveglio della pianta, scegliendo un vaso con un diametro di un centimetro in più rispetto al precedente; le piante grasse, a differenza di quelle a foglie, non hanno bisogno di molta terra. Per una buona "cura" delle piante grasse l'operazione del rinvaso è necessaria in quanto col tempo la terra si "impoverisce" e soprattutto diventa dura e compatta non permettendo un buon deflusso dell'acqua e impedendo la circolazione dell'aria.
Mammillaria luethyii
Scelta del vaso: La prima cosa che va verificata è la presenza di almeno un foro sul fondo per poter permettere il drenaggio dell'acqua. Per quanto riguarda le dimensioni è sempre meglio prediligere un vaso largo piuttosto che alto, questo per far si che la terra asciughi più rapidamente evitando così un pericoloso ristagno dell'acqua. Per calcolare le dimensioni del vaso è bene lasciare tre o quattro centimetri dal fusto della pianta al bordo del vaso, mentre per il materiale, in commercio troviamo vasi in plastica ed in terracotta.
Lobivia aurea

Buona coltivazione! 😉

 

semina

Semine pasquali

Per seminare all'esterno bisogna aspettare che ci sia una buona luce, che la temperatura sia sufficiente (che non scenda sotto i 15 °C), e che assolutamente non ci siano più gelate, quindi il periodo migliore è Maggio o fine Aprile così che le piantine arrivino già cresciutelle a fine ottobre, quando inizia a fare freddo, a questo punto bisognerà comunque proteggerle in serra, anche una serra artigianale, che eviti che la temperatura scenda troppo, e che protegga dalla pioggia, comunque la crescita si fermerà durante l'inverno per riprendere verso Aprile ed è più probabile rispetto ad una semina in casa che alcune piantine non resistano all'inverno.Semina di astrophytum cultivars

Per seminare con luce artificiale non c'è una regola precisa, si può seminare quando si vuole. Generalmente semino subito i semi prodotti tra Agosto e Ottobre in modo che abbiano quasi un anno di crescita attiva sotto le luci artificiali per poi metterli all'esterno durante la successiva bella stagione, ed in certi casi ad ottobre ritiro in casa le semine più delicate e proteggo dall'eccessivo freddo le altre per poi lasciarle definitivamente all'esterno dopo due anni. Ad esempio le semine in ambiente controllato di Gennaio 2008 non vedranno la luce solare sino ad Aprile 2009, questo perchè ho visto che semine di 5 mesi più giovani, ma tenute sempre sotto luce artificiale, sono cresciute meglio di semine più anziane, ma messe all'esterno appena la temperatura lo permetteva.Approfittando della bella giornata, ho iniziato a seminare una manciata di semi ottenuti da alcuni miei astrophytum l’anno scorso.

Si tratta per lo più di cultivars di astrophytum o piante ibride, ottenute con impollinazione incrociate.

Ho messo tutti i semi a bagno per una mezza giornata circa, separandoli ovviamente per specie, in acqua con previcur e stimolante 66F.
Messi quindi ad asciugare, ho utilizzato un terriccio che in realtà era di risulta di vecchie semine dell’anno scorso.
La superficie del terriccio nei vasi, è stata poi ricoperta con della ghiaietta fine e leggero acquistata in comune negozio per acquari.

 

 

 

Eccovi alcune foto dei miei astrophytum finora germinati…

Quando decidiamo di seminare piante grasse, possiamo fare come avremmo fatto per qualsiasi altra pianta, ossia prendere vaso, terra, semi e seminare... avremo buoni risultati. Ma con il passare del tempo vi renderete conto, che c'è bisogno di ottimizzare la resa dei semi, ed in particolare lo spazio occupato dalle semine. Per resa dei semi intendo percentuale di germinazione e cosa più importante percentuale di piante che arrivano a 2-3 anni di vita, e che quindi in questo lasso di tempo non vengono attaccati da funghi, coperti di alghe o mangiati da più o meno simpatici animaletti. Anche lo spazio occupato dipende in qualche modo da questo perchè in una contenitore di 7x7 cm posso seminare e far arrivare a 2 anni di vita 25 piantine, ma se la resa non è ottima avrò ad es 10 piantine, e alla fine dei conti è un peccato, in 10 contenitori (e quando inizierete a seminare vi renderete conto che 10 contenitori di semine sono pochi :D) avrete 100 piantine e non 250, come invece potevate avere nello stesso spazio occupato.
La sterilizzazione comporta un'eliminazione completa, totale, di organismi più o meno grandi, di batteri, virus, alghe, funghi, e delle loro spore (si usa ad es per i ferri chirurgici).  La disinfezione invece non elimina completamente, ma abbassa di molto la quantità di questi patogeni dall'oggetto disinfettato (ad es. quando versa acqua ossigenata su una ferita).

Se volete approfondire l’argomento “semine”, potete leggere questi altri due articoli:

 

Aggiornamento del 5 maggio

Oggi ho controllato di nuovo i sacchetti delle semine.
Mi sono limitato a ripicchettare alcune plantule che erano posizionate sul bordo del vasetto ed ho tolto la maggiorparte dei gusci dei semi vuoti.

Per il momento, lascerò ancora i vasetti chiusi nei sacchetti in modo ermetico stando attento a mantenere la giusta umidità e a non far insorgere muffe.

Ecco quindi le foto aggiornate:

Il “superkabuto” è la cultivar più nota della specie Asterias ed è caratterizzata da puntini in rilievo sul corpo particolarmente abbondanti e ampli, tali da dare a tutta la pianta un aspetto bianco lanuginoso.
Astrophytum asterias cultivar superkabuto
Le origini dell’Astrophytum myriostigma cv. Onzuka risalgono al 1970 quando il signor Tsutomu Onzuka incrociò un Astrophytum myriostigma tricostato con un A. myriostigma var. nudum e ripetendo gli incroci tra le progenie di A. tricostati e myriostigma quadricostati var. nudum.
Astrophytum myriostigma forse variegati + kikko

…ed ora varie semine della cultivar “kikko” ottenute tutte dalla stessa pianta ma in periodi diversi:

Il risultato finale, che oggi possiamo ammirare sotto le più svariate forme e disegni, fu quello di ottenere una pianta ricoperta da una trama fittissima di spot.

Un ibrido è un incrocio di una pianta con specie differenti finalizzata ad ottenere una nuova varietà  con caratteristiche migliori o quantomeno diverse rispetto a quelle di partenza (es. fiori più grandi o con sfumature e colore diverso, maggiore resistenza alle malattie, nuovi disegni… vedi in particolare la specie degli astrophytum ecc.). Un ibrido è quindi una pianta ottenuta incrociando i gameti di due genitori diversi. Se incrociamo due varietà di una stessa specie, otterrò una pianta che verrà identificata con il nome cosi formato: Genere specie var. madre x var. padre. Se invece incrociamo due specie diverse, si otterrà: Genere specie madre x specie padre.

Si parla invece di cultivar quando abbiamo un gruppo di piante coltivate che hanno determinate caratteristiche selezionate dall’uomo e derivanti da diverse cause (da mutazione genetica, da una ibridazione, da un innesto, da una clonazione.) Il nome delle cultivar viene indicato fra virgolette singole e con l’iniziale maiuscola.
Buona semina! 🙂

 

coltivazione, reportage

“Fotostoria”: Ferocactus wislizenii

“I Ferocactus sono un genere di piante succulente appartenenti alla famiglia delle Cactaceae (sottofamiglia Cactoideae, tribù Cacteae). La pianta si presenta di forma globosa per poi diventare cilindrica in età adulta (anche se alcune specie rimangono globose o globose-schiacciate). In habitat le piante possono misurare dai circa 30 cm. di altezza e diametro del Ferocactus viridescens, fino ad arrivare eccezionalmente ad altezze di 4 metri e 80 cm. di diametro (Ferocactus diguetii). Le spine sono forti, dure, diritte, più o meno uncinate all’apice, di colore rosso, rosso-marrone o gialle. I fiori che si formano all’apice della pianta sono di forma campanuliforme variamente colorati dal rosso al giallo, arancioni o viola. Originariamente quasi tutte le specie erano classificate nell’allora vasto genere Echinocactus poi successivamente furono distaccate da esso per alcune differenze nei fiori, nei frutti e nei semi. Il nome generico di questo genere (fondato da Britton e Rose nel loro classico lavoro “The cactaceae” pubblicato in quattro volumi tra il 1919 e il 1923) deriva dalla parola ferus-wild, fierce (feroce) e cactus, in riferimento alle spine molto dure e taglienti. I Ferocactus sono piante robuste ed amanti del sole in grado di sopportare anche parecchi mesi di siccità. In coltivazione molte specie non possono raggiungere le dimensioni dei luoghi d’origine ma con un appropriato metodo di coltura ed una adeguata esposizione, si possono ottenere piante sane, di ragguardevoli dimensioni, con spine robuste e in grado di giungere a fioritura.” [tratto da Wikipedia]

In questo articolo vi mostro uno dei miei ferocactus, identificato come ferocactus wislizenii… anche se ho qualche dubbio dato che lo acquistai nel 2006 al Bricocenter… quindi credo proprio che si tratti di un ibrido.

Purtroppo ancora non ha fiorito! 😦

Questa sottospecie è qualche volta illustrata sui libri e spesso vista in coltivazione etichettata abbastanza erroneamente col nome di Ferocactus horridus, un nome propiamente applicato ad una forma di Ferocactus peninsulae originariamente collezionata dall'altra parte del golfo di California, con spine centrali molto lunghe, fino a 12 cm. Questa sottospecie ha spine centrali marrone scuro o nere, lunghe circa dai 6 agli 8 cm e usualmente uncinate in gioventù. Sebbene ci siano anche differenze minori sembra che ci sia, come suggeriva originariamente il Dr. Ortega, solo una tassonomia complessa che rappresenta i differenti stadi di crescita della sottospecie, ovvero le spine centrali uncinate in gioventù e dritte quando è più vecchio. Lindsay riporta nella sua tesi che le spine variano con l'età della pianta: le giovani pianticelle di circa 6 cm. di diametro ne hanno una centrale, rossiccia e uncinata, con 8 spine radiali dritte, tutte sono abbastanza forti e non ci sono setole; gli esemplari invece tra i 25 e i 50 cm di altezza hanno 6 spine centrali grigie, la principale lunga 10 cm, appiattita e ricurva o uncinata all'apice e una serie di spine simili a setole attorcigliate; negli esemplari sopra i 50 cm. di altezza la spina centrale principale è dritta, non appiattita e le spine radiali sono simili a setole o qualche volta mancano. Nel 1984 Nigel Taylor elencò questa tassonomia come una varietà di Ferocactus wislizeni, ma nell'ultimo CITES Cactaceae Checklist (1999) è descritta come un'accettazione provvisoria (cioè non era accettata ne come una buona specie ne come una buona sottospecie al 100%). Anderson (2001) la elencò come una specie, aggiungendo che è strettamente collegata al Ferocactus wislizeni. John Pilbeam e Derek Bowdery (autori del libro Ferocactus del 2005), la descrivono come una sottospecie del Ferocactus wislizeni a causa della sua forte somiglianza, ma è abbastanza distinta per essere diversa dalla specie. In coltivazione questa sottospecie è una bella pianta, con un corpo largo, robusto e di un verde brillante, con spine contrastanti di colore marrone scuro o nero. E' stato descritto come prima globulare e più tardi cilindrico e qualche volta con costolature spiralizzanti, alto 2 metri, di 45 cm. di diametro, con 13 costolature, all'inizio tarchiate, più tardi più prominenti. Ci sono 8 forti spine radiali, all'inizio rossicce, più tardi bianco-grigiastre, lunghe circa 3 cm. C'è una sola spina centrale, dritta e non appiattita in maturità, in gioventù spesso curvata all'apice e qualche volta uncinata, lunga circa 3 cm; ci sono anche 8 spine più fini esterne, simili a setole, qualche volta non presenti nelle piante più vecchie. I fiori sono a forma di imbuto, larghi 7 cm, gialli, con strisce rosse centrali. I frutti sono lunghi da 4 a 6 cm, larghi da 2,5 a 3 cm, giallo-verdastri, polposi. Di questa specie è presente una varietà a spine corte conosciuta come brevispinus, cioè: Ferocactus wislizeni ssp. herrerae v. brevispinus.
Appena acquistato in un vaso 10 cm di diametro
il ferocactus wislizenii sp herrerae Ha una crescita abbastanza rapida se messo nelle giuste condizioni. Senza dubbio è la specie più robusta e in grado di adattarsi bene ai più svariati tipi di composta (anche se predilige comunque terreni piuttosto ricchi) e ad annaffiature anche più abbondanti della media riservata alle altre specie. Può fiorire già dopo 4 o 5 anni dalla semina. La pianta presenta sempre 13 costolature. Prossimamente saranno inserite nuove fotografie.
Stesso ferocactus… foto del 2013
Originario del Messico, dalle pianure dello stato di Sinaloa (un complesso di 10 Km lungo la costa di Mazatlan e Ahome, e colline rocciose e piatte non lontano dalla strada pubblica, Topolobampo, Pericos, Sianori, Empalme, Guasimas, e Hermosillo, Angostura, Guamuchil, Bacuberito, El Fuente, Los Mochis, tra Mazatlan e Los Mochis, Pericos, Altata, San Blas, Guamuchil), ovest Durango (terreni costieri e scogliere ad ovest di Sierra Madre Occidental), da Sonora (Guaymas, Obregon, El Peon, Potam, vicino Yaqui Valley, 23 Km a ovest di Alamos, 82 Km sud di Navajoa, Ciudad Obregon, Guasimas, El Peon vicino a Guasimas, nord di Vicam, Agiabampo; fino a 1400 metri di altitudine, su costiere piane e sulle colline.
Foto dall’alto del ferocactus in vaso da 20 cm di diametro

Se volete approfondire le vostre conoscenze sul genere Ferocactus, vi consiglio di guardare un sito ben fatto e completo: Ferokat – Il genere Ferocactus

 

reportage

Il genere Echinopsis

Il nome Echinopsis deriva dal greco “echinos”  che significa ‘riccio’ e “opsis” che sta per ‘aspetto’ stando a significare che la pianta è coperta di spine.

Sono piante originarie dell’America del Sud (Bolivia, Argentina, Uruguay, Paraguay).
E’ un genere di piante succulente molto diffuso fra i collezionisti e fra gli amanti delle piante grasse in quanto è di facile coltivazione, produce fiori bellissimi e di grandi dimensioni, si riproduce facilmente (non in tutte le specie) per pollone.
I fiori, di grande dimensione (arrivano a misurare anche fino a venti centimetri di diametro!) sono di colori molto vari e di bellissime sfumature. Ciò è dovuto dalla facilità con cui le specie si ibridano, ad esempio con TrichocereusPseudolobiviaLobivia.

La coltivazione è abbastanza facile:
terreno normale da cactus anche con l’aggiunta di una parte in più di torba oppure ancora meglio di letame pellettato, annaffiature regolari nella stagione vegetativa, posizione molto luminosa ed anche sole diretto anche in estate.
Per favorire la fioritura occorre staccare prima dell’inverno i polloni laterali e concimare periodicamente durante la stagione vegetativa con un concime per cactaceaead alto tenero di potassio e basso tenore di azoto per evitare che le piante si sviluppino eccessivamente e siano più facilmente attaccabili dai marciumi.
E’ inoltre consigliato rinvasare ogni anno in primavera e fare attenzione agli attacchi di cocciniglia, sia nelle parti esterne della pianta sia delle radici.
Gli Echinopsis come abbiamo detto sono facili da propagare staccando e mettendo a radicare i polloni laterali o ricorrendo alla semina, anche se molte delle piante in coltivazione sono ibridi, e pertanto non producono semi.

l'ecinopsis desidera un’esposizione molto luminosa, anche sotto i raggi del sole, ma non durante la piena estate, quando la pianta va schermata nelle ore più calde. La temperatura massima non crea problemi, la minima non deve scendere sotto gli 8 °C; ne deriva che da ottobre a marzo va ricoverato in un luogo fresco (temperatura compresa fra 10 e 15 °C) e luminoso, mentre nei restanti mesi va spostato all’aperto, a mezz’ombra. Preferisce un vaso di terracotta, di diametro pari al diametro della pianta o poco più ampio, anche in ciotola. Il rinvaso si effettua ogni 3-4 anni in marzo-aprile, con un substrato poroso e molto drenante composto da terra concimata unita a sabbia grossolana e lapillo vulcanico. Le annaffiature devono essere regolari, distanziate in modo che il terriccio sia ben asciutto, ma abbondanti durante la bella stagione; vanno sospese in inverno. Si concima una volta al mese da marzo ad agosto con un prodotto per piante grasse nell’acqua d’annaffiatura. I fiori appassiti si staccano da soli. Si riproduce per pollone dalla base del fusto o sul fusto stesso.
Echinopsis oxigona in fiore

Alcune gallerie di foto:

 

Fiere e mostre

EuroCactus 2014 a Trento

Torna alla Fiera di Trento EuroCactus, la manifestazione dedicata a cactus e succulente con più di 100.000 cactus e i migliori vivaisti europei.
Scoprirete così la grande varietà di mondo vegetale fatto di spine che appassiona gli amanti della botanica.

EuroCactus 2014 a Trento - mostra mercato piante grasse e succulente, rare e da collezione

Il 24 e il 25 maggio esposizione internazionale di cactus e succulente…

…per maggiori informazioni, consultate il sito ufficiale della mostra-mercato.